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Biografia e Critica di MARIANO FILIPPETTA


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MARIANO  FILIPPETTA

















 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Biografia – Mariano Filippetta
 
Mariano Filippetta nasce a Frosinone nel 1964 dove vive e lavora.
Le sue esperienze artistiche iniziali  confluiscono nella prima personale di rilievo alla galleria dei Banchi Nuovi di Roma nel 1989 dal titolo “Primo Vere”.
Nel 1992 viene invitato da Achille Bonito Oliva a partecipare ad “Imprimatur” mostra di artisti internazionale inediti a Milano, dove contemporaneamente lo stesso critico tiene un convegno sullo stato dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Lavora in quegli stessi anni a Roma con la galleria L’ Attico di Fabio Sargentini partecipando a importanti mostre collettive come “Ritorno al mare – omaggio a Pino Pascali” ( 1993) e “Magazzino” (1995) dove le sue opere dialogheranno insieme ai lavori di Fautrier, Duchamp, Burri, Nagasawa, Pistoletto, Pascali, Kounellis.
Nel 2001 la sua opera viene documentata negli archivi della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma all’interno della raccolta “Artisti di fine millennio”.
Nel 2003 realizza una mostra personale in collaborazione con la galleria L’Attico di Roma dal titolo “L’amore, l’amore soltanto”.
Lavora negli anni 2005 e 2006 con la galleria Marchetti di Roma in via Margutta partecipando a diverse collettive con opere di artisti come Turcato, Schifano, Festa, Angeli.
In questi anni collabora anche con l’Associazione Culturale Antinoo partecipando ad una importante collettiva dal titolo “Elogio al nero” in omaggio all’opera della scrittrice Marguerite Yourcenar, in questa occasione verrà edita una importante monografia a cura del Centro Marguerite Yourcenar per le edizioni Gallimard all’interno della quale verrà documentato in modo significativo il suo lavoro.
Inoltre partecipa alla rassegna “Primaverile Argam” a cura dell’Associazione Romana Gallerie d’Arte Moderna in collaborazione con il Ministero Università e Ricerca.
È del 2007 la mostra personale alla Facoltà dei Beni Culturali di Viterbo.
Sempre in quest’anno viene girato un video sulla sua opera per le edizioni ElleDigi Vision in cui attraverso un’intervista a cura di Azzurra Piattella egli rilegge venti anni di attività artistica.
Nel 2010 partecipa  alla Biennale del piccolo formato a Maracay in Venezuela e alla Biennale di Viterbo.
Nel 2011 Giovanna Bonasegale ex direttrice della Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma scrive un importante testo sulla sua opera dal titolo “ Mariano Filippetta, la corrispondenza delle armonie“.
In questi ultimi anni numerose sono le collettive in spazi istituzionali come lo Stadtmuseum in Germania, la Biblioteca di Pleguien in Francia , il Vanabbemuseum di Eindhoven in Olanda, il Centro Calego di Arte Contemporanea in Spagna, lo Zentrum Art Center di Wraclov in Polonia, l’ Arsenale di Bertonico, la Fondazione delle Arti di Omegna e il Centro Museale di Quartu S.Elena in Italia .
 
 
mostre personali

1989 - primo vere - galleria dei banchi nuovi - roma
2003 - l'amore , l'amore soltanto - galleria l'attico - roma
2007 - dip-arte - facoltà dei beni culturali - viterbo

mostre collettive

1992 - imprimatur - artisti internazionali inediti a cura di achille bonito oliva - milano
1993 - ritorno al mare - galleria l'attico - roma
1994 - buddha - castello ducale - sessa aurunca
1995 - magazzino - galleria l'attico - roma
1997 - derivando deviando - chiostro di san francesco - alatri
2004 - mail art - università degli studi - salerno
2005 - primaverile argam - galleria marchetti roma
2005 - collettiva - galleria marchetti - roma
2006 - elogio del nero - associazione antinoo - roma
2006 - collettiva - galleria marchetti - roma
2007 - in volo sopra il mondo - tempio di adriano - roma
2009 - 10 20 30 40 e 50 - galleria laborart - verbania
2009 - geografie - studio gomez - barcellona -spagna
2009 - ritratti di artisti - cameraderie - manchester - uk
2009 - dododada dado - milano
2009 - mostra di beneficenza - convento dei minimi - roccella jonica
2009 - creature del sole di mezzanotte - summit art space - akron - ohio - usa
2010 - principia - galleria hesperia - pomezia
2010 - il coraggio delle idee - uil del lazio - roma
2010 - io espongo - ass. azimut - torino
2010 - pasolini - terre rare - bologna
2010 - biennale del piccolo formato - maracay - venezuela
2010 - running on love - centennial square - victoria - canada
2010 - tutto il blu - biblioteca comunale - pleguien - francia
2010 - creativa - palazzo baronale- calcata
2010 - premiera mostra de arte correo e poesia visual -centro caribeno de arte - portorico
2010 - il paese senza punte - fondazione delle arti - omegna
2010 - limite spazio segno - pro loco - portogruaro
2010 - blick aus dem fenster - stadtmuseum - weilheim - germania
2010 - l'arte contro l'omofobia - gay pride sicilia - emiro arte - palermo
2010 - talismano d'artista - centro museale - quartu sant'elena
2010 - biennale di viterbo
2010 - orti d'artista - arsenale di bertonico - lodi
2010 - un intero museo su una parete - international art festival - arcevia
2010 - franja de gaza - galleria felipe lamadrid - cadiz - spagna
2010 - camino - centro calego de arte contemporanea - santiago de compostela - spagna
2010 - il filo d'acqua - fonderia delle arti - roma


ARCHIVI
la sua opera è documentata presso :
artisti di fine millennio - galleria nazionale d'arte moderna - roma
centro documentazioni visive - galleria comunale d'arte moderna e contemporanea - roma
artisterium - tbilisi - georgia

BIBLIOGRAFIA
articoli sulla sua opera sono apparsi in :
repubblica- corriere della sera - il sole 24 ore - il messaggero - il tempo - ciociaria oggi - la gazzetta del mezzogiorno - l'unità - l'espresso - lei - opening - flash art - juliet - segno - la stampa - torino sette -il giornale - il resto del carlino - contemporanea

VIDEO
artedì - video e intervista a cura di azzurra piattella - durata 35 m. - edizioni elledigivision
 
Filippetta Mariano

Via Baden Powell 2
03100
Frosinone - Lazio - Italy

Email:
mariano.filippetta@virgilio.it
Altro telefono: (+39) 331 8350981

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Giovanna Bonasegale
 
Mariano Filippetta, la corrispondenza delle armonie. 
 
 
Lo spettatore, troverà sempre qualcosa di ‘anomalo’ in un oggetto che assomiglia a quello che dice di rappresentare, ma che se ne distacca per forma, per colori, per tecnica.
Dipinto? Dunque “quadro”. Ha tre dimensioni? Allora “scultura”. Oppure fotografia, istallazione, video, e molto altro ancora.
In qualche modo non abbiamo ancora recepito la lezione di Magritte. Eppure lui ce lo ha detto chiaramente: questa non è una pipa, questa non è una mela.
In altre parole, nell’arte visiva contemporanea cerchiamo ancora i canoni dell’arte classica. Sarà l’effetto Narciso, che è più agevole preferire a quello Medusa! Certo è apparentemente più semplice specchiarsi in un’opera, nella sua bellezza, piuttosto che sentirsi avvinghiato dai tentacoli di una medusa. E’ più rassicurante, si pensa di farne una lettura più approfondita; si ammira il tutto, insieme con ogni minimo dettaglio. Ci si riconosce almeno nell’aspirazione alla ‘bellezza’.
Eppure è un paradosso ammirare l’arte figurativa antica o moderna, pensare addirittura di comprenderla, quando non si conoscono i motivi che l’hanno prodotta: la committenza, la destinazione, il periodo storico in cui è stata eseguita, il contesto storico-artistico, le frequentazioni dell’artista, cosa leggeva, con chi parlava, con chi corrispondeva, che cosa in definitiva voleva veramente dire, e così via.
Insomma vogliamo illuderci di capire. Ci accontentiamo di quello che vediamo.
Un’opera d’arte contemporanea, invece, spesso non ci accontenta. E allora andiamo a cercare il messaggio paravisivo.
Qualcuno, oggi, mi sa dire quale era il messaggo preciso della Gioconda o delle varie versioni della Vergine delle rocce?
Mi si può rispondere che le opere di Leonardo sono belle e invece, spesso, quelle di arte contemporanea raffigurano temi o soggetti incomprensibili, accostamenti bizzarri e per lo più offerti quasi con arroganza allo spettatore, che rimane lì, attonito, a interrogarsi e spesso preferisce pensare: “questo lo so fare anche io”.
 
Guardiamo e tentiamo di leggere le opere di Mariano Filippetta. Tecniche e materiali diversi, ma tutti tratti dalla nostra quotidianità. Un territorio conosciuto, che attraversiamo tutti i giorni: capelli, colori, fotografia, olio, mare, una sedia, volti.
Immagini note, ma ferme, immobili, fissate sotto una cornice di plexiglas, quasi a volerle racchiudere in un’assenza di tempo e di luogo, come fossero simboli di un paesaggio della memoria che appartiene a ciascuno di noi.
Un paesaggio composto di archetipi, che Mariano ci riporta davanti agli occhi senza circoscriverli in un racconto. Ognuno racconta se stesso, ma dialoga, parla con l’altro, aggiunge o toglie qualcosa, ci indica un percorso da seguire, ma anche una provenienza o meglio un’appartenenza.
Facile prendere oggetti comuni o fotografarli, assemblarli, metterli uno accanto all’altro, aggiungervi colore e presentarli sotto forma di opere?
No, non è facile. Dentro quegli oggetti c’è un frammento della nostra storia individuale e Mariano ce la offre quasi come l’anello di congiunzione tra un visione privata del mondo e quella oggettiva, estetica, che dovrebbe appartenere a tutti.
Che senso avrebbero altrimenti quei capelli di donna che attraversano un piano cromatico uniforme? Si sciolgono in infiniti reticoli o in figure ellissoidali fino ai bordi dell’opera. Sembra che vogliano uscire dallo spazio oppure che vi siano stati costretti dentro. In un modo o nell’altro, appoggiano su una superficie liscia, levigata nella quale potrebbero perdersi; al contario mantengono una identità forte, che a tratti addirittura oscura il fondo di cromìa omogenea sul quale sono adagiati.
E quella sedia di legno rovinata, adagiata sulla battigia di una spiaggia non definibile geograficamente – potrebbe trovarsi in qualsiasi parte del mondo – sulla cui spalliera è appoggiato un dipinto, più azzurro dello stesso mare?
Un rettangolo che ci impedisce di guardare oltre, che ostruisce in qualche modo il soggetto dell’opera, ma che ci richiama ad altre chiusure, fino a quando non ci rendiamo conto che la sua ombra si poggia sulla seduta e confluisce nelle piccole onde di un mare tranquillo: fino a unirsi alle ombre di quelle onde. Un oggetto ‘altro’, prodotto e messo lì dalla mano dell’uomo, si fonde, attraverso la luce e il colore, al grande elemento naturale.
 
Sulla superficie del dipinto, capelli ondulati, anche loro si mescolano con le onde, anche loro fanno parte di un tutto.
Lungomare. Due particolari di un volto sovrapposti, due labbra che appena accennano a socchiudersi, lasciano trasparire il colore blu del mare. Due sbavature di onde che affiorano dal fondo dell’opera e si intersecano con le fattezze delle labbra. Le fotografie del particolare del viso sono pressoché identiche, ma la valenza di quel blu non è simile: rarefatta, più aerea qulla superiore, più densa e più fluida quella inferiore.
A dispetto dell’immagine fotografica, nulla può essere uguale a se stesso, specialmente quando la presenza dell’uomo potrebbe incombere sulla natura, che comunque rivendica la sua presenza forte, sicura di sé e semmai fa emergere la fragilità e il dubbio in queste labbra, che quasi perdono identità.
Mediterraneo. Olio sospeso su acqua di mare, racchiuso in una cornice di plexiglas. Le diverse tonalità del giallo denunciano la provenienza dell’olio, mai uguale nel colore, nella consistenza. Anche qui la presenza dell’uomo è appaiata a quella della natura, a collegare tra loro brandelli pieni di vitalità.
Se l’arte contemporanea pone problemi, ma non li risolve è semplicemente perché non può.
Eppure in queste opere di Mariano Filippetta aleggia una indicazione a un’armonia perduta, o che si sta perdendo, un anelito a guardare oltre o, meglio, a carpire dal quotidiano quanto di più naturale sia possibile, a vedere attraverso oggetti e cose semplici quello che spesso siamo abituati a tralasciare. 
Se accettiamo il suo messaggio ci renderemo conto che non è subliminale, incoscio, criptico. E’ l’invito a fermarsi, a contemplare, a cogliere l’essenza di ciò che ci circonda.
Ma è anche l’affermazione determinata e chiara che tutto ciò si può ottenere attraverso l’arte visiva, che sia figurativa, tradizionale o che rompa certi schemi, non ha alcuna importanza.